Cari founder, siete convinti che il nome della vostra startup sia originale. E invece no

E’ tutta colpa di Google. Probabilmente il nome da dare a una startup più azzeccato di tutti i tempi, tanto da diventare un verbo, googlare. E’ tutta colpa di Google, soprattutto se pensate che questo nome è stato registrato con questa scrittura per un errore: in realtà il motore di ricerca di Larry Page e Sergei Brin si doveva chiamare “googol” che indica la cifra 1 seguita da cento zeri. Ma quando i due erano lì a registrare il dominio si sono sbagliati, hanno scritto male, e hanno scritto Google. Si accorgono dell’errore, ma quando notano che googol non era disponibile decidono di essere fatalisti e tenersi Google. Hanno fatto bene. E’ tutta colpa di Google, se oggi voi non resistete alla tentazione di mettere una doppia “o” in mezzo al nome della vostra startup, oppure alla fine, così da lasciare a noi sempre il dubbio: devo pronunciare “oo” oppure diventa “u”? Startupper, imprenditori, amici: sappiamo che è tutta colpa di Google, ma di startup con il nome come la vostra ce ne sono ormai tante. Troppe. Non ci credete?

Alice-facepalm

La doppia O

Cominciamo con la doppia “o” in mezzo alla parola. Sì, anche Facebook ce l’ha, ma “book” è una parola di senso compiuto, mentre il nome della vostra startup ve lo siete inventato: Floome, Buzzoole, Atooma, Mosaicoon, Redooc, Noonic, Moovit, Zooppa, Tootekto e via discorrendo. Poi ci sono quelle con la doppia “o” finale e qui c’è veramente l’imbarazzo della scelta: Quandoo, Mesoo, Socloo, Deliveroo, Peekaboo, Direttoo, iWaboo, Beintoo, Badoo, Lovoo, Snoo, Sangakoo, Tinkidoo…mi scuso in anticipo con le centinaia di startup con doppia o che non cito per questioni di spazio. So che siete in tanti e a tutti lancio questo messaggio: non basta la doppia o finale per fare una startup di successo. Ah, e poi, cari Bauzaar, Babelee, Volumeet, Veespo, Oreegano, Artistii, ecc: cambiando la vocale, il risultato è sempre lo stesso.

Numeri

Seconda categoria di nomi di startup: quelle con i numeri. E’ probabile che siate appassionati di smorfia napoletana, almeno voi che non scegliete il banale 24 come le ore del giorno, e che quindi crediate nel mistico potere dei numeri tanto da incollarlo al nome della vostra impresa. Vino75, Supermercato24, Emozione3, Kpi6, Next14, Idea75, Fattura24, Verde21 siete avvertiti: magari il vostro numero vi porterà fortuna ma sappiate che c’è chi non si ricorda il proprio numero di cellulare, figuriamoci quello della vostra startup. Gli amici che usano il 4 al posto del “for” inglese (Mobile4us, Cloud4Wi, Eco4cloud, Salento4Fun) non si sentano esclusi: anche voi siete un bel gruppetto.

Verbi

C’è da dirlo: siete i più pragmatici. Abbandonate la baldanza dei nomi di fantasia per andare dritto al sodo: Credimi, Prestiamoci, TuPassi, MiSiedo, CercaOfficina, QualeScegliere, DoveConviene. Il nome della vostra startup magari sarà anche facile da ricordare, ma se poi i “Cerca” e i “Quale” diventano troppi, rischierete di essere confusi con i vostri competitor. Sottocategoria: gli amanti del gerundio. Quelli che quando al liceo la prof spiegava la perifrastica passiva hanno capito che in un “delenda” poteva esserci un mondo, e se lo sono ricordato il giorno che si sono recati al registro delle imprese innovative. Mapendo, Movendo, Vesenda, Iubenda, Agrando, Cibando: non importa che il verbo esista davvero, la cosa fondamentale è il suono della costruzione grammaticale. Mi piace il vostro spirito classico.

Diminutivi

Anche se la colpa più grande resta sempre di Google, anche Arduino ha fatto la sua parte nel farvi credere che una startup con diminutivo fosse originale. Che teneri. Scooterino, Traslochino, Alfonsino, Posterini…l’idea di ispirarsi al “sound” di un’azienda più grande può essere sicuramente un modo per farsi ricordare, ma attenzione perché si rischia di diventare banali. Parlo di chi ha usato la desinenza -fy lanciata da Spotify, o il suffisso “You” reso celebre da YouTube. Ma un esempio valga su tutti: chiamare un telefono iPhone è stato semplicemente geniale. Peccato che abbia “aperto” una valanga di app e startup con la “i” che ormai non si contano più, di ogni genere e in ogni settore: iAmbrogio, iCestini, iGoOn, iBoatApp, iPassme, iFunch.

Food

Per voi, amici delle startup culinarie, ci vuole una categoria a parte. Le vostre imprese ci sfamano quando non abbiamo voglia di cucinare e ci salvano dal junk food portandoci il bio sulla porta di casa, ma hanno un piccolo peccato originale: c’è sempre la parola Food di mezzo. Feat Food, Hello Food, Foodora, Byte Foods, Foodinho, Foodscovery, Foodportal, Foodpanda, Foodracers, Hi-food e chi più ne ha più ne metta.

Qualche tempo fa, sull’Economist, è stato pubblicato un articolo intitolato Nine billion company names, in cui si profetizzava il momento in cui, essendoci ormai troppe aziende, tutti i nomi possibili per una startup sarebbero stati esauriti. “L’Occidente sta sfornando startup a un ritmo mai avuto in precedenza” dice l’autore, chiedendosi se la fantasia riuscirà a sopportare l’emergenza di tutte queste aziende inventando altrettanti nomi. Noi di Startupitalia! siamo ottimisti e pensiamo di sì. L’importante è dimenticarsi Google.

@carlottabalena